I giardini della poesia

1987-1994

I GIARDINI DELLA POESIA

Le attuali vicende della pittura nostrana, com’è noto, non consentono agli artisti se non in rarissimi e ormai consolidati casi la frequentazione dell’immagine, cioè una ricerca espressiva giocata esplicitamente e totalmente all’interno di un figurativo poeticamente denso e significativo. E ciò accade perché un certo tipo di critica d’arte oggi prevalente e il mercato più influente hanno generalmente optato per un’arte individualistica ed evasiva, di pure apparenze, priva di reali sostanze culturali.
Dunque il lavoro di Barbara Antonelli si colloca subito, di tutta evidenza, su un versante assai polemico nei confronti dell’attualità o delle “mode” artistiche dominanti Queste sue tele e questi fogli testimoniano infatti senz’ombra di dubbio o d’ambiguità il senso complessivo della sua scelta di linguaggio, collocata in maniera assai personale nel solco di una serie di esempi oscillanti tra il realismo magico e il realismo esistenziale […]
Ne emergono, proprio in questi anni di prime mostre e uscite pubbliche, queste sue immagini forti e asciutte in cui vive, direi, un sobrio lirismo dell’enunciazione e della materia pittorica che si organizzano quasi per tagli fotografici, per improvvisi scatti della retina chiamata a impressionare le pellicole della memoria e delle emozioni. E questi gesti silenziosi, queste foglie di giardini deserti e di pietre barocche divengono, allora, una sorta di intima, assorta metafora d’un paesaggio interiore. Come versi sommessi, queste immagini si dispongono dunque ad un dialogo emotivo con la forma delle cose e ne scoprono inedite profondità, inaspettati spessori e vibrazioni, impalpabili trasfigurazioni che le caricano di una lenta, suggestiva, sicura seduzione lirica.

Milano, Febbraio 1989
Giorgio Seveso

LA PITTURA DI BARBARA ANTONELLI
Cieli, muri e giardini sono gli elementi del paesaggio in cui si immergono gli enigmi della pittura di Barbara Antonelli. Le sue grandi tele sembrano nascere da una tensione inquieta, forse dolorosa che tende ad annullare la distanza tra l’artista e la natura. Lo sguardo di Barbara potrebbe sembrare quello del naturalista attento a inventariare con estrema precisione le forme delle piante; ma è altresì evidente l’intenzione di cogliere e svelare il segreto che si nasconde tra le pieghe dell’apparente. II paesaggio è insomma, un luogo definito e riconoscibile; ma è anche un abisso su cui sporge inquieta la nostra meditazione. Una pittura quindi, esplicita e misteriosa che, avvalendosi di una tecnica magistrale e controllata, ci offre l’occasione di incontrare una artista vera.

Roma 1992
Alberto Sughi