Facce

2007-2017

La serie delle “Facce” di Barbara Antonelli, in questa dimensione rappresentativa della personalità dei soggetti, non può essere ricondotta direttamente al concetto pittorico di “ritratto”, poiché l’artista rinuncia ad esplorare il soggetto per intero o a “mezzobusto”, ma si sofferma sulla parte più nobile dell’individuo: il volto. Cosa è, il volto, la faccia, se non la “carta d’identità” dell’individuo stesso? La serie della “Facce” non è altro che un’indagine psicologica portata avanti dall’Antonelli con la maestria di un tocco veloce e sicuro, quasi impressionista, che proietta agli occhi dell’osservatore l’animo del soggetto, la sua intensità espressiva, rivelandone non l’atteggiamento corporeo, ma quello mentale. Questo aspetto di indagine, quindi, va considerato non come mero esercizio pittorico, ma come la dichiarata intenzione della pittrice di concedere spazi di analisi a quella fisiognomica che testimonia il più possibile l’eredità mentale del volto del rappresentato, con le sue rughe, le sue espressioni, il suo sguardo. Il volto, la faccia come ambiente estremamente plastico, sottomesso al temperamento, all’umore e al carattere del soggetto, vale a dire la sua essenza esistenziale, la sua esperienza di vita vissuta fino a quel momento; il momento in cui Barbara Antonelli ne ha fissato per sempre l’immagine. La pittura dell’artista è figlia nobile dell’altrettanto nobile pittura italiana che parte dalla ritrattistica del XV secolo e penso la “Ritratto d’uomo” di Antonello da Messina, in cui la memoria dell’uomo rappresentato non è demandata agli orpelli sociali, ma all’indagine psicologica che Antonello rese con grande efficacia con quella pittura che ha fatto dell’indagine conoscitiva dei soggetti un fine ritratto psicologico, rompendo definitivamente i confini costruiti dalla pittura giottesca e di scuola giottesca, che aveva solo fini estetici ma soprattutto estatici.

Marzo 2015,

Antonio Dal Muto

SE I TUOI OCCHI UN GIORNO… RIFLESSIONI PERSONALI SUI TUOI DIPINTI
Occhi, sguardi che seducono, parlano, si confessano, si scoprono di fronte all’artista che li ritrae. Non riescono a nascondere quello chehanno dentro, lo trasmettono, lo comunicano a tutti quelli che li guardano e li guarderanno per raccontarci qualcosa di loro, una storia.
Può un’artista rubarci l’anima attraverso il pennello? O la sua è una mera trasposizione, una riflessione sulla persona, su un incontro che vuole intrappolare sulla tela per renderlo eterno e visibile a tutti? Oppure è solo presunzione di conoscenza?
E tutti questi occhi che ci osservano, ammiccano, sorridono, accennano un dolore, vanità, supponenza, arroganza, disagio, esibizione che cosa ci vorranno dire? Questi ego che emergono dai dipinti sono il segno di un vissuto o finzione?
Da questa numerosa carrellata di volti, oltre 150, bambini, donne, uomini, giovani, anziani, viene fuori un elemento certo: la sincerità. L’artista li ha colti così com’erano in quell’attimo, gli ha rubato l’anima, supponendo che ce l’abbiano, e l’ha trasposta sulla tela grazie alla sua abilità e alla conoscenza delle tecniche pittoriche. Non potevano mentire.
Non so se siano somiglianti o meno, come in una fotografia, non mi interessa, so che gli occhi di questi dipinti ci parlano, raccontano delle storie, le loro, e Barbara Antonelli ha provato a leggerle e a renderle comprensibili anche a noi.
E’ la lingua degli occhi, occhi che hanno fermato le parole, di quelli che dialogano con chi ha voglia di ascoltarli.
Interagiremo visitando questa mostra con storie di ogni genere: singolari, qualunque, tristi, allegre, uniche, che importanza ha, la tua, la sua la mia…
Storie di donne e uomini.

Ottobre 2015,

Amalia Mancini