Il labirinto della natura

1997-2004

IL LABIRINTO DELLA NATURA
Cosa spinge Barbara a dipingere i grovigli di foglie e piante dai colori metallici e a ricercare quasi con affanno nella forma pressoché astratta di una pianta ben conosciuta?[…]
La metafora è chiara: il “giroscopico” mondo che ci circonda non può essere visto in maniera naturalistica, ma in modo più profondo, più introspettivo; la pianta, nostra antenata, è rappresentata come labirinto: il labirinto dell’esistenza.
Certamente il colore e il disegno sono realizzati concretamente e si nota anche lo studio e il lavoro per avere i mezzi tecnici e artistici sicuri. Ma quello che mi piace di più nelle sue nuove opere è il misterioso realismo che aggancia l’osservatore portandolo a riconoscersi in quelle foglie e in quei fiori che Barbara vede “nella nuova natura”, specialmente in questo momento così critico per l’umanità. […]

Firenze, 2000,
Maurizio Ghiglia

NOTA SU BARBARA ANTONELLI O DELLA PITTURA
[…] Così, sulla superficie del quadro, le immagini di natura recano palesi i segni d’una professata autonomia, se non proprio di sovranità, del linguaggio pittorico, da parte dell’artista. La pratica generativa, ovvero la tecnica, è quella lenta, per usare una definizione cara a Dario Trento, che sa rendere sulla tela tutta la fisicità delle cose. Certo, anche in virtù di quella carica emotiva che in Antonelli è stata riconosciuta dai suoi maggiori esegeti. E’ a questo punto, tuttavia, che l’artista decide (sembrerebbe, almeno) di rischiare il primato supposto dalla pittura e delle sue regole, che sono anche regole di costruzione dell’immagine. Come il fotografo dopo lo scatto e lo sviluppo, ma si potrebbe dire il video compositore sul suo computer, la pittrice lavora l’immagine, ingrandisce, dettaglia sul particolare, scontorna, incornicia, impagina Il risultato è che dalla natura di Antonelli, dopo la pittura e la sua contaminazione, si liberano energie metaforiche certo, e però imprevedibilmente capaci di decorare quel fondale liscio, polito, pellicolare nel quale si riflette oggi la nostra esistenza.

Bologna, 2000
Orlando Piraccini

LE ESUBERANZE E I SIMBOLI DEL MONDO VEGETALE
[…] Nell’apparente facile leggibilità di una figurazione aderente formalmente a modelli realistici si cela una narrazione soggiacente, che va ben oltre l’immagine presentata: è qui che si sofferma oggi l’intimo piacere di un pittore ed è qui che s’accende l’interesse conoscitivo dell’osservatore. Così, gli intricati viluppi di steli, di foglie, di fiori di Barbara Antonelli suggeriscono, nel loro epidermico turgore, lo snodarsi oscuro del labirinto e dell’inconscio, ossia di quell’universo esistenziale tanto recondito che costituisce il primario campo di indagine dell’essere contemporaneo. I vividi e carnali cromatismi, talora a riflessi metallici, coniugati ad una dilagante odissea vegetale, dichiarano, proprio in virtù di una loro dilatata verità, un tacito dualismo introspettivo che, in astrazione del pensiero, diviene affermazione di lievitante antinaturalismo. I carnosi spessori di foglie lanceolate, le aspre spinosità di piante grasse, o i calici aperti di calle e di tulipani al vento, o i silenzi vibranti di fiori di magnolia effondono gli aromi cromatici di una sensuale epopea di vita che si fa immagine speculare di pulsanti empiti di fusione fisica e spirituale.
Anche le due opere in cui l’artista ritrae se stessa, vivono di una veemenza coloristica e di un’espressa proposizione intellettuale che dilatano le coinvolgenti atmosfere di una sanguigna ma inquietante fisicità.[…]

Corriere Cesenate Aprile 2000
Enzo Dall’Ara

LA DINAMICA TRASLAZIONE DEL REALE
Alla Sala Forum di Faenza è stata inaugurata da Antonio Dalmuto, alla presenza del sindaco Claudio Casadio, una personale della pittrice cesenate Barbara Antonelli che, con un corpus di quarantanove dipinti eseguiti dagli anni ’90 ad oggi, illustra il suo più recente iter artistico siglato da un’importante evoluzione tematica. Se il titolo assegnato alla mostra Sinfonie in verde immerge, infatti, l’osservatore in vividi scorci naturalistici, sette opere dell’ultima produzione di Antonelli rivelano, secondo la sua stessa affermazione, l’intento di volgere la sua indagine tematica sulla figura femminile e, in particolare sul nudo. L’autrice, laureatasi in architettura a Firenze dove abita tuttora, sa abbinare le sue doti artistiche all’abilità compositiva sviluppata nell’esercizio della sua prima professione di architetto. Sia i quadri in cui trionfa l’esuberanza della vegetazione, sia quelli riservati alla figura si caratterizzano per un meditato equilibrio strutturale, foriero di armonia. Nelle composizioni dedicate alla natura, Antonelli focalizza la sua attenzione su particolari di arbusti, di piante e di fiori. L’intreccio complesso di foglie di agavi, l’esplosione cromica e levitante di rami di mimosa, l’arcano fascino di assembramenti di ninfee, la pudica ma eccitante nudità di giganteschi fiori di magnolia invadono l’intera superficie della tela, offrendosi su fondi cromatici sovente intensi, comunque estranei ad una vera raffigurazione del reale. Così, Antonelli illumina le sue opere con le tonalità del suo io e, sempre all’unisono con il suo slancio creativo, coglie, scavando dettagli del soggetto con zoomate rivelatrici, aspetti speculari del suo sentire, sicché la sua rappresentazione assurge a metafora dell’animo umano, diventando pretesto di autonarrazione. Anche i nudi della pittrice, le cui pose, mai consuete, sono state scelte anche con la collaborazione del marito, Maurizio Ghiglia, esperto fotografo docente all’Università di Bari, si connotano per il vigore del segno, la densità della materia pittorica, vibrante di accesi contrasti, che conferisce rilevante corposità all’immagine.

Corriere di Faenza, Aprile 2003
Odette Gelosi